Associazione Ingegneri Ambiente e Territorio
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Problemi tipici

Di seguito sono riportati alcuni dei tipici problemi che un Ingegnere dell’Ambiente e del Territorio si trova ad affrontare a seconda della sua specializzazione, in particolare le problematiche possono essere dei seguenti tipi:


Realizzazione di un impianto per la depurazione ed il reimpiego delle acque di rifiuto urbane

Le acque di rifiuto raccolte dalla rete di fognatura urbana sono di diversa origine: oltre alle cosiddette acque nere (cioè quelle derivanti dai servizi igienici, dai lavaggi, dagli usi di cucina, ecc.), vengono recapitati in fognatura anche quantitativi più o meno forti di acque di scarico pre-depurate derivanti da attività industriali/artigianali; di solito sono convogliate in fognatura anche le acque di pioggia (acque bianche).
La composizione delle acque di rifiuto è quindi piuttosto variabile e la concentrazione di inquinanti dipende, oltre che dalle dimensioni e dalle caratteristiche del centro abitato, anche dalla cosiddetta dotazione idrica, cioè dal quantitativo di acqua distribuito dalla rete da acquedotto ad ogni residente.
Scopo di un impianto di depurazione è quello di trasformare, per via chimica, fisica e biologica, gli inquinanti presenti in forma sospesa e disciolta, onde poterli separare con mezzi fisici dal flusso di acqua. Tipicamente, da un impianto di depurazione escono due flussi principali: l’acqua di scarico depurata e i fanghi; in altre parole un impianto di depurazione è un’opera di ingegneria capace di produrre:

  • un flusso principale di acqua a basso inquinamento residuo (pochi percento di quello iniziale) e quindi resa compatibile con lo scarico in un corpo idrico ricettore (fiume, lago o mare);
  • un flusso secondario (~ 1% della portata iniziale) in cui si concentra l’inquinamento iniziale e che viene poi ulteriormente trattato per renderlo smaltibile senza provocare danni ambientali residui.

Sempre più di frequente si presenta il caso in cui la situazione idrologica locale rende appetibile il reimpiego del flusso di acqua depurata così ottenuto per usi che possono andare dall’irrigazione di parchi o di colture agricole, all’immissione all’interno di acquedotti industriali; in alcuni casi si può persino giungere al recupero integrale della risorsa acqua, per produrre acqua di qualità potabile. Pertanto un moderno impianto di depurazione delle acque di scarico non è più visto come una struttura capace di ridurre l’inquinamento dei corpi idrici naturali, ma sta sempre più trasformandosi in un impianto per il recupero di una risorsa. Quanto maggiore dovrà essere la qualità dell’acqua finale, tanto più complesso sarà lo schema di depurazione e affinamento successivo e tanto più elevati saranno i costi da sostenere, sia in termini di costi di costruzione, che di esercizio.
Un moderno impianto di depurazione è quindi costituito da diverse fasi di processo:

  • un gruppo di trattamenti preliminari;
  • una serie di trattamenti biologici che hanno lo scopo di rimuovere la maggior parte dell’inquinamento organico biodegradabile;
  • una serie di trattamenti finali capaci di separare dal flusso la frazione inquinante concentrata (fanghi);
  • il trattamento dei fanghi con la produzione di biogas (prevalentemente metano) riutilizzabile;
  • una serie di interventi di post-trattamento qualora sia prevista una riutilizzazione delle acque depurate (ad esempio in ambito agricolo o industriale).
Vista aerea di un impianto di depurazione italiano. In primo piano, sulla sinistra, i pretrattamenti e, sulla destra, la fase di stabilizzazione e trattamento dei fanghi; sullo sfondo i trattamenti biologici.


Analisi di rischio sismico e protezione da frane di un’importante infrastruttura

Molte parti del territorio italiano sono caratterizzate da un elevato rischio sismico, cioè da un’elevata probabilità che si verifichino terremoti di grande intensità.
Il livello di rischio non è legato unicamente all’intensità dello scuotimento sismico, ma anche ad altri fattori, come la vulnerabilità del patrimonio edilizio o il dissesto del territorio. Danni ai centri abitati determinano infatti ingenti costi, sociali ed economici. Accanto ad essi, notevole importanza assume la vulnerabilità di infrastrutture di importanza primaria, quali autostrade, ferrovie, acquedotti, la cui interruzione, a causa di terremoti, frane, esondazioni o altre calamità, può causare ingenti danni, sia impedendo i soccorsi alle aree disastrate, sia per le interruzioni delle normali condizioni di flusso.
Un tipico esempio di studio di queste problematiche consiste nell’analisi di rischio sismico e protezione da fenomeni franosi di un tronco dell’autostrada A16, della lunghezza di alcune decine di chilometri, che attraversa una delle aree italiane più soggette a pericolosità sismica.

Nella prima figura sono indicati il tronco autostradale in questione e le aree distrutte dai più importanti terremoti che hanno colpito l’Irpinia, in particolare durante gli eventi del 1702, 1732, 1930 e 1980.
I quadrati indicano le localizzazioni di rilevanti fenomeni franosi innescati dal sisma del 1980, che, se fossero avvenuti lungo il tratto autostradale, ne avrebbero potuto causare l’interruzione per diversi giorni successivi al terremoto. Per questo tipo di problema le competenze multidisciplinari di un ingegnere ambientale sono particolarmente necessarie.
In primo luogo si richiede la capacità di interagire con esperti geologi per la mappatura del territorio e l’individuazione delle aree maggiormente soggette al rischio di fenomeni franosi o di instabilità dei pendii.
Questa informazione va poi unita a quella derivante da studi sismologici e probabilistici per l’individuazione della pericolosità sismica, cioè della probabilità che si verifichino terremoti di assegnata intensità all’interno di un prefissato periodo di tempo.

La gestione di questo sistema complesso di informazioni, disperso su un’ampia estensione territoriale, può avvenire in maniera ottimale mediante l’uso dei Sistemi Informativi Geografici (GIS). I GIS consentono non soltanto l’archiviazione digitale di grandi quantità di dati geografici, ma anche l’elaborazione di informazioni complesse per produrre carte di sintesi (mappe di pericolosità sismica, mappe di rischio da frane, ecc.).
Un esempio è dato nella seconda figura, nella quale sono indicate, per il tronco autostradale in studio, le aree maggiormente soggette al rischio di innesco di frane in occasione di forti terremoti.

La carta è stata ottenuta tramite GIS, "sovrapponendo" opportunamente l’informazione geologica con quella di pericolosità sismica.

L’ingegnere ambientale può inoltre essere chiamato ad affrontare problemi ingegneristici su scala più piccola, con finalità più propriamente progettuali. Per esempio, grande importanza ha lo studio geotecnico finalizzato all’individuazione della tipologia di movimento franoso, alle sue cause ed ai tempi di sviluppo.
Ogni intervento successivo risulta subordinato all’esecuzione di un attento monitoraggio delle aree individuate come potenzialmente instabili e, quando si reputerà necessario, ad opportune prove in sito ed in laboratorio per la caratterizzazione geotecnica dei terreni interessati. Soltanto così è possibile analizzare la stabilità dei versanti e, nel caso siano valutati necessari, progettare eventuali interventi (quali muri di sostegno, gabbionate, pozzi drenanti, muri verdi).`


Produzione di mappe tematiche con tecniche di telerilevamento

Il telerilevamento si occupa dello studio della superficie terrestre a partire da immagini riprese da aerei o satelliti artificiali. Queste immagini possono avere diverse caratteristiche, e cioè possono essere di tipo fotografico oppure elettroniche a scansione, come pure riprese - per lo stesso soggetto - in diverse zone dello spettro elettromagnetico (visibile, infrarosso vicino, infrarosso termico, microonde). In tal modo esse forniscono descrizioni del territorio esplorato assolutamente inaspettate rispetto alla nostra visione umana: è come se, attraverso delle macchine, avessimo la possibilità di estendere le caratteristiche dell’occhio umano. L’obiettivo principale delle tecniche di telerilevamento è quello di poter realizzare delle mappe tematiche del territorio, mappe cioè dove è descritta la natura delle superfici esplorate: così troveremo mappe della vegetazione, del territorio urbanizzato, delle acque, dei suoli nudi, della distribuzione della temperatura superficiale, dell’umidità dei suoli e così via. Un’altra caratteristica fondamentale di queste tecniche è la possibilità del controllo multitemporale, nel senso che un aereo o un satellite può osservare la stessa zona in tempi diversi, ed è quindi possibile tenere sotto controllo le variazioni intervenute fra una osservazione e l’altra. A tale proposito è da notare che dal 1972 il nostro pianeta è visto regolarmente con cadenza circa bisettimanale da satelliti della serie Landsat.
L’ingegnere Ambientale dispone quindi di un potentissimo mezzo di indagine per poter valutare a priori ed in maniera quantitativa il territorio sul quale è chiamato ad operare, e per poter controllare gli effetti che vengono prodotti sull’ambiente da interventi antropici o meno. Per esempio in caso di inondazioni è possibile conoscere la vastità e la distribuzione del fenomeno con osservazione in banda radar. In altri casi è possibile valutare - prima del raccolto - la quantità di prodotti agricoli di primaria importanza, quali mais, frumento, riso, orzo. In altri casi ancora vengono mappati e tenuti sotto controllo fenomeni di inquinamento delle acque senza bisogno di imbarcazioni che esplorino la superficie delle acque: non solo si localizza in maniera geografica l’origine della causa inquinante, ma si segue l’evoluzione dell’espandersi del fenomeno e si possono quindi prendere i provvedimenti richiesti di caso in caso.


Venezia: fotografia da satellite

L’immagine qui riportata rappresenta la città di Venezia e parte della laguna ed è stata ripresa dal satellite francese SPOT che osserva tutta la superficie terrestre con una cadenza di 26 giorni da una quota di circa 832 Km. Questa immagine risulta ricca d’informazioni: ad esempio è facilmente individuabile la distribuzione dell’acqua della laguna che presenta notevoli disuniformità, legate a problemi misti di inquinamento, di fondali bassi e di idrodinamica; il controllo nel tempo, cioè con osservazioni ripetute, permette la distinzione fra fenomeni persistenti e fenomeni variabili nel tempo, da studiare poi in dettaglio con controlli locali. Si notano altrettanto chiaramente la tessitura urbanistica ed il traffico di imbarcazioni nel canale della Giudecca ed in laguna (ovviamente nel solo momento della ripresa). E’ di immediata comprensione che informazioni sinottiche del genere non possono essere acquisite in tempi brevi e a bassissimi costi se non con l’esplorazione dall’alto.


Regolazione dei laghi

Diverse opere di sbarramento consentono di utilizzare molti laghi come serbatoi, accumulando acqua nelle stagioni piovose (primavera e autunno) per farla defluire a valle nei mesi estivi e invernali, quando vi è una maggiore richiesta per l'irrigazione e per la produzione di energia elettrica rispettivamente.
La varietà degli utenti e degli usi dell'acqua crea ovviamente delle situazioni di conflitto, più o meno accentuato, per lo sfruttamento della risorsa disponibile. Generalmente l'utilizzazione delle acque da parte degli utenti idroelettrici è abbastanza compatibile con gli usi agricoli nel loro complesso dato che la domanda di energia elettrica ha la sua punta massima in inverno, mentre la domanda di acqua irrigua si esprime in estate.
Il conflitto può diventare invece particolarmente acuto tra utenti agricoli nei periodi di siccità, quando la salvezza di un raccolto può dipendere dalla quantità d’acqua disponibile per l'irrigazione.
Tuttavia spesso il conflitto d'interessi più significativo è quello esistente tra gli utenti di valle e le comunità rivierasche. Infatti, mentre i primi (agricoltori, industrie, ecc.) vorrebbero una gestione caratterizzata da prelievi variabili secondo le proprie necessità e quindi da forti escursioni del livello del lago, le seconde sono interessate a mantenere i livelli il più possibile costanti così da favorire la navigazione e l’uso turistico-ricreativo delle sponde.

Per tutelare gli interessi tanto delle comunità rivierasche che degli utenti di valle, risulta allora necessario mettere a punto regole di gestione che permettano l’utilizzo ottimale delle acque del lago. Questo è un tipico problema di gestione delle risorse naturali che un ingegnere ambientale può trovarsi ad affrontare. Infatti, sebbene la scelta di quale regola adottare sia anche una decisione politica, tuttavia l’ingegnere ambientale può fornire agli organi preposti alla gestione della diga gli strumenti informativi e decisionali che permettono loro di scegliere su basi più razionali la regola da adottare.
Per risolvere un problema come quello descritto, è innanzitutto necessario definire le variabili che traducono le decisioni e individuare gli obiettivi più rappresentativi di tutte le parti interessate.
Ciò significa valutare quantitativamente sia i danni subiti dai consorzi agricoli in corrispondenza di una fornitura d’acqua irrigua inferiore alla domanda, sia quelli causati da piene di diversa entità alle comunità rivierasche. Risulta poi utile sviluppare modelli su calcolatore in grado di simulare, a partire da una serie di afflussi giornalieri, il funzionamento dell'intero sistema fisico (lago, diga e canali di derivazione) e di ripetere queste simulazioni per tutte le diverse alternative gestionali ipotizzabili.
E’ così possibile ricercare tra le diverse alternative quelle che rappresentano il miglior compromesso tra i diversi obbiettivi messi precedentemente in evidenza.
Più in generale per molti laghi è stato sviluppato un completo sistema informatico di supporto alle decisioni che consente l'analisi di vari interventi (sia di tipo strutturale, come le opere idrauliche, sia di tipo non strutturale, come le regole di gestione della diga) per valutarne in modo sistematico e trasparente tutte le conseguenze.


Acqua alta sul Lago Maggiore


Pianificazione del territorio

Gli interventi umani tendono a sopprimere parte della complessità naturale che è ricchezza e fonte di stabilità per i sistemi territoriali; l’ingegnere ambientale deve conoscere la tecnologia della progettazione, ma anche saper correlare i singoli progetti e programmi alle specifiche tematiche ambientali.
Mentre l’ingegnere industriale, civile, informatico sono attori del progresso tecnologico nei singoli campi di specializzazione, l’ingegnere ambientale deve far progredire i nodi strutturali del sistema insediativo e territoriale; non basta progettare e costruire aerei sempre più veloci, ma dobbiamo fare in modo che il cittadino possa in tempi brevi raggiungere un aeroporto da casa propria!

L’ingegnere pianificatore deve:

  • conoscere i fenomeni territoriali ed analizzarli nelle loro componenti tecniche, funzionali ed economiche e nella loro evoluzione storica;
  • valutare le interrelazioni tra intervento strutturale e territorio;
  • studiare la complessità delle città e i meccanismi che ne governano la trasformazione;
  • affrontare le tematiche di governo dell’ambiente e del territorio correlandole con gli aspetti giuridici ed economici.
Censimento dei servizi ricreativi in zona centrale della città di Milano e accessibilità ferroviaria

Il problema delle emissioni atmosferiche da attività di incenerimento di rifiuti

Le modifiche indotte sulla qualità dell’aria e su comparti ad essa connessi costituiscono una delle principali implicazioni ambientali delle operazioni di incenerimento di rifiuti e, come tali, svolgono un ruolo di estrema importanza nel processo decisionale di localizzazione degli impianti e nelle procedure di ricerca del consenso da parte della popolazione delle aree destinate ad ospitarli.
Le concentrazioni sono rappresentate in termini di isolinee (linee a valore costante), con un valore massimo stimato per l’area pari a 110 mg/m-3 e localizzato in corrispondenza del simbolo s . Il simbolo l indica il sito previsto per un impianto di termodistruzione di rifiuti.


Mappa delle concentrazioni atmosferiche di ossidi di azoto.

La figura qui riportata è la mappa delle concentrazioni atmosferiche di ossidi di azoto (mg/m-3) ottenuta con un modello di trasporto e diffusione atmosferica applicato alle emissioni attive in un territorio di 25x30 km2 localizzato nella pianura padana. Nella zona considerata è presente un insediamento urbano (area con contorni irregolari) con le arterie di comunicazione stradale (linee spezzate a tratto continuo).
Con una mappa di questo tipo è possibile valutare lo stato attuale e stimare, con gli opportuni modelli, l’influenza che la nuova struttura di smaltimento dei rifiuti solidi eserciterà sulla qualità locale dell’aria.