"Ah, che paese l'America" di Giovanna Monti

"Ah, che paese l'America" di Giovanna Monti

06.02.2009

di Giovanna Monti, ingegnere ambientale residente a Washington DC dal 2008


Questo è il primo articolo di una lunga, spero, serie di corrispondenze dalla East Coast degli Stati Uniti. Prima di raccontarvi alcune notizie, credo sia opportuno spiegare la genesi di questa rubrica Aiat e presentarmi. Anzitutto ad Emanuele Regalini va il merito dell'idea, a me va l'onore di scriverla, le corrispondenze tratteranno tematiche ambientali tecniche e alcuni problemi e/o curiosità che, più in generale, possono interessare i soci Aiat.

Sono un ingegnere ambientale "emigrato" negli USA per seguire il marito, al momento sono alla ricerca di un lavoro nel mio settore ma, soprattutto, sono ancora in attesa del permesso di lavoro, cui il mio visto da diritto, e già su questo avrei molto da raccontarvi. L'iter per ottenere il permesso di lavoro non è così lineare e anche chi, come me, ha un visto di "moglie" con possibilità di lavorare o studiare deve fare domanda e attendere pazientemente la risposta (mi hanno detto al massimo tre mesi). Come sapete, non è il momento migliore per trovare lavoro, la perdita di posti a tutti i livelli, causata della crisi economica, è un argomento molto sentito e dibattuto quotidianamente su tutti i giornali. Da parte mia, sto cercando di aprirmi più strade possibili, per creare una rete di contatti con università e associazioni ambientali (con un profilo tecnico) cui propormi anche solo per una collaborazione.
Al momento, quindi, sono ancora fuori da un ambiente prettamente tecnico e questa prima corrispondenza sarà per lo più una serie di notizie e tematiche ambientali, cui ho accesso tramite i media e che mi hanno colpito nei primi due mesi di vita qui.

Ci sono grandi aspettative sul nuovo presidente e la "greenminded administration" e il dibattito sulle questioni ambientali è molto acceso, soprattutto perchè una parte del paese teme che una svolta verde comporti una difficile uscita dalla recessione e si traduca in un incremento della pressione fiscale sulle imprese.
Nonostante tutto il fermento e le speranze sulla green economy, che esercitano molto fascino anche nel nostro paese, devo dire di essere stata colpita in maniera contrastante dagli USA e credo che, per certi aspetti della vita concreta, l'Italia sia più avanti o che, comunque, non è tutto oro quello che luccica.
Prendiamo, ad esempio, la raccolta differenziata, ovviamente, io posso parlare solo per lo stato e la città in cui vivo, che però è pur sempre la capitale degli Stati Uniti d'America. Esistono delle direttive locali, nella maggior parte dei condomini ci sono i bidoni per il riciclo di plastica, vetro, carta e lattine (tutti forniti dalla municipalità), ma non esistono dei veri e propri obblighi o controlli al riguardo, il tutto è lasciato alla sensibilità personale. Su questa non mi posso esprimere ma, ad esempio, mi ha colpito lo spreco enorme di sacchetti al supermercato, dove sono i commessi a imbustare direttamente la spesa. I sacchetti possono essere di plastica (quelli delle catene a basso e medio costo) o di carta riciclata (quelli dei supermercati biologici, organici), ma non sembra esserci grande consapevolezza che costituiscono un ulteriore rifiuto per quanto alcuni possano essere più "ecologici" di altri. Nonostante in alcuni supermercati ci siano dei cartelli che invitano all'utilizzo della vecchia e cara borsa della spesa, i sacchetti plastica o carta sono sempre là, pronti, gratis e nessuno ne lesina la quantità. D'altro canto, però, so che la politica di riciclo è più sviluppata a New York dove, per legge, è necessario procedere alla raccolta differenziata e, in caso di infrazione, si è soggetti a sanzioni pecuniarie.

E' quindi necessario fare sempre dei distinguo, ma credo che questo possa valere anche per la visione degli Stati Uniti che si ha dall'altra parte dell'oceano. E' un po' quello che succede per l'efficienza energetica degli edifici, che è uno dei numerosi punti del programma ambientale di Obama, e uno pensa "ah fantastico"là si che guardano avanti". Certo è sicuramente un miglioramento ma il livello di isolamento termico negli edifici pubblici o privati in cui sono stata in Italia e nei Paesi Bassi (dove ho vissuto per un po') mi pare migliore di quello degli edifici in cui sono stata finora nella capitale, soprattutto in corrispondenza dei serramenti.

Concludo con una notizia sull'EPA che è stata al centro di uno scandalo ambientale per quasi tre settimane a cavallo di Natale. Il tutto è nato da un'inchiesta del Washington Post sulla bonifica della Chesepeake Bay (il più grande estuario degli USA, la foce del fiume Potomac), dove le attività sono iniziate 25 anni fa e se ne prevedeva la conclusione entro il 2000. Il termine è stato più volte rimandato, poichè non si raggiungevano gli obiettivi stabiliti, e alcuni responsabili della progettazione e dell'esecuzione sono stati accusati di aver emesso alcuni rapporti sullo stato di avanzamento lavori troppo "rosei". I dati pubblicati non erano quelli effettivi, relativi alla qualità delle acque e delle zone umide, ma i risultati di modelli matematici predittivi che simulavano la corretta applicazione delle tecniche di bonifica! D'altro canto però non posso non menzionare la lettera inviata, dietro obbligo EPA, dal gestore dell'acquedotto cittadino a tutta la popolazione per rendere noto che il livello di torbidità dell'acqua aveva superato il 22 Dicembre 2008, per 14 minuti, i limiti imposti dall'agenzia.